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CORPO ANIMATO
Darsi anima e corpo, metterci l'anima, sputare l'anima, sudare l'anima, in carne ed ossa, da attorcigliare le budella, metterci la pancia, è finito in rianimazione, ho i brividi, è senz'anima...
Dov'è la mia anima ora mentre scrivo?
Il mio corpo lo so dov'è.
Qui seduto con le gambe accavallate, pieno di tensioni al collo, le mani fredde, gli occhi stanchi, i rumori attorno che entrano nelle orecchie, il cervello e la memoria che cercano di organizzare i pensieri di tutto quello che avrei voluto dire in questa pagina.
Ma la mia anima?
Se la cerco qualcosa si divincola dietro lo sterno, all'altezza del plesso solare.
Se la cerco qualcosa accade nel mio respiro, e una strana sensazione di debolezza mi assale, come se nel nominarla lei si assentasse per un attimo, distratta dall'essere stata convocata, e le mie forze vitali rischiassero per questa sua breve e involontaria distrazione, di venire meno.
Questo mi fa capire che l'anima, la mia quantomeno, sta senz'altro di casa nei pressi delle funzioni vitali: il respiro, il battito cardiaco, il fluire del sangue nel mio corpo.
Quei luoghi del corpo che si alterano evidentemente al passaggio di azioni ed emozioni, più o meno insignificanti.
Le piccole apnee degli sforzi, della concentrazione, dell'attesa, le accelerazioni cardiache degli incontri inaspettati, delle notizie inattese, degli spaventi.
Qui l'anima sembra affacciarsi, alterata, pronta ad aumentarsi per far fronte a quel che accade.
Forza vitale che aumenta all'occorrenza e si riduce se trascurata.
Di corpo animato si sarebbe dovuto parlare in questa sede, aprire alla riflessione che tanto mi appassiona su quanto anche i corpi umani attraversino visibilmente o invisibilmente tanto attimi pieni d'anima quanto attimi vuoti d'anima.
E quanto tutto questo abbia a che vedere con un principio di connessione, di circolazione tra il dentro e il fuori, tra il lasciar entrare e il lasciar uscire, tra il fare e il non fare, tra il guidare e il farsi portare, tra il volere e il non volere.
Ma mi rendo conto che un passo indietro voglio fare e tornare a loro, corpo e anima, disgiunti.
Provare a guardarli separatamente.
ànima s. f. [lat. anĭma, affine, come anĭmus, al gr. ἄνεμος «soffio, vento»] Nell’accezione più generica, il principio vitale dell’uomo, di cui costituisce la parte immateriale.
còrpo s. m. [lat. cŏrpus «corpo, complesso, organismo»]. – 1. a. Termine generico con cui si indica qualsiasi porzione limitata di materia […] insieme discontinuo di elementi a cui si attribuiscono le proprietà di estensione, divisibilità, impenetrabilità, […]
Ecco allora che già mi trovo sorpresa ad accorgermi di quanto la definizione di corpo sia ben più sorprendente e misteriosa che quella di anima.
Certo è raro pensare il proprio corpo come un insieme discontinuo di elementi che si estendono nello spazio secondo un'organizzazione complessa delle parti, che sono divisibili ma impenetrabili.
Pensare se stessi al pari di un c.gassoso, c.rigido, c.astrale.
Eppure la strada per animare è sempre la stessa.
Per prima cosa osservare la materia, oggetto, ombra, marionetta.
Osservare il c.umano.
E chiedersi: di cosa è fatto? Come respira? Come si muove? E se ama, come ama?
E se ha paura come ha paura?
Partiamo dal corpo allora, e da tutto quel riflettere e sperimentare che avrete voglia di condividere sul corpo in scena, e poi cercheremo di definire l'anima di questo corpo e forse anche di ipotizzare la presenza accanto a corpo animato di un'esistenza speculare di anima corporea.
Metterci l'anima - di Valeria Sacco
La mia anima come la stanza 306 - di Maria Spazzi
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