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ANIMATAZINE

JULIE SERMON

Julie Sermon è Professoressa in Storia ed Estetica del Teatro Contemporaneo presso l’Università Lyon 2, Direttrice del Laboratorio Passages Arts et Littératures (XX-XXI) dove co-gestisce l'asse "Environmental Humanities", autrice di numerose pubblicazioni, di cui molte specifiche sul teatro di marionette contemporaneo, drammaturga.

Dal 2017, consacra le sue ricerche al dialogo che gli artisti delle arti sceniche contemporanee intrecciano con l’ecologia.

Nel 2021 esce per le edizioni B42 il suo libro Morts ou vifs, pour une écologie des arts vivants.

In questa intervista Julie Sermon ripercorre il percorso che l’ha portata ad interessarsi ai legami tra arti sceniche ed ecologia: come l’ecologia sta modificando i processi di scrittura, di creazione, di produzione delle opere sceniche?
 
Che cosa significa, per la scena contemporanea, considerare i paradigmi ecologici?
 
In che modo, in particolare, i linguaggi delle arti marionettistiche si rivelano propizi nel creare visioni e drammaturgie in risonanza con le problematiche e sensibilità ecologiche?
 
L’elemento acqua è qui da lei attraversato parlandoci di creazioni di alcuni artisti che in modi diversi stanno lavorando attualmente su questo elemento.

PUÒ PARLARCI DELL'IMPATTO CHE IL SUMMIT DELLA TERRA DI RIO DEL 1992 HA AVUTO SU DI LEI, ALLORA GIOVANE SCOLARA DELLE MEDIE?

Julie Sermon
00:00 / 03:22

Era il 1992, ero alla scuola media; la nostra insegnante di storia e geografia ci chiese quell'anno di fare una presentazione sul Summit della Terra di Rio.

Ho un ricordo piuttosto vago dell'evento in quanto tale, ma ricordo molto bene quello che ho fatto per rispondere alla richiesta: sono andata con un' amica a fare un servizio fotografico.

All'epoca vivevo nelle Landes, una regione del sud-ovest della Francia vicina all'oceano con grandi foreste di pini che erano state piantate nel XIX secolo per bonificare le paludi.

Avevo capito che il Summit della Terra di Rio era associato all'inquinamento, così io e questa amica abbiamo fotografato le spiagge e le foreste per documentare tutta la spazzatura che veniva sparsa ovunque. 

Ricordo il sentimento di rabbia e indignazione che avevo, come si può sentire molto forte quando si hanno tredici, quattordici anni, e si sente che non è giusto, che non è normale.

Dunque è stata una reazione piuttosto ingenua, ma allo stesso tempo molto decisiva.

Non credo di aver imparato la parola ecologia, il suo significato, in quel momento.

Non ricordo nemmeno esattamente cosa ci ha detto la nostra insegnante sul Vertice della Terra, ricordo solo l'opportunità che ha creato chiedendoci di lavorare in relazione a questo evento.

Mentre parlo, mi ricordo anche che avevano fatto un piccolo adesivo, un piccolo logo, che rappresentava il pianeta Terra con persone intorno, qualcosa di un po' banale.

Ma quell'immagine mi ha fatto capire che si trattava di un evento globale e credo che mi abbia fatto una certa impressione.

Si dà il caso che io appartenga alla generazione della "costruzione europea", quando eravamo piccoli, c'era una vera insistenza, non arriverei a dire propaganda, ma l'idea della costruzione europea era molto, molto presente...

Per esempio, avevamo gli album Panini sulla costruzione dell'Europa...

Anche questa consapevolezza della costruzione di uno spazio internazionale ha giocato un ruolo cruciale, credo. Ciò che ricordo del Summit della Terra di Rio non è tanto la parola ecologia, ma il fatto di aver capito che gli esseri umani si stavano comportando male con la natura, e che il Summit era un evento che riguardava tutto il pianeta.

In seguito, sono diventato sempre più consapevole dell'importanza di questi temi nella mia vita, al punto che recentemente ho deciso di dedicarvi il mio lavoro universitario.

Ed è stato quando mi sono chiesto quando le cose si sono riunite, quando è avvenuto il mio incontro con l'ecologia, che ho capito che è stato al vertice di Rio. 

Così è stato in retrospettiva che mi sono reso conto di quanto sia stato importante l'evento, e allo stesso tempo che è stato un evento che alla fine ha fallito i suoi obiettivi.

Ma me ne sono reso conto solo qualche decennio dopo...


In seguito, sono diventata sempre più consapevole dell'importanza di questi temi nella mia vita, al punto che recentemente ho deciso di dedicarvi il mio lavoro universitario.

Ed è stato quando mi sono chiesta quando le cose si sono riunite, quando è avvenuto il mio incontro con l'ecologia, che ho capito che è stato al Summit di Rio. 

Quindi è stato a posteriori che mi sono resa conto di quanto sia stato importante questo evento, e allo stesso tempo di quanto sia stato un avvenimento che in definitiva ha fallito i suoi obiettivi.

Ma questo l'ho capito solo qualche decennio dopo...

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Summit della Terra di Rio, collage di Animatazine.

NEL 2017 HA SCELTO DI ESPLORARE IL RAPPORTO TRA LE ARTI PERFORMATIVE CONTEMPORANEE E L'ECOLOGIA.
PUÒ SPIEGARCI LE RAGIONI DI QUESTA SCELTA?

Julie Sermon
00:00 / 03:19

Nel 2016 ho superato il mio HDR, il diploma di Abilitazione alla Supervisione della Ricerca, per il quale bisogna fare una sintesi della propria carriera.

In questa occasione, mi sono resa conto che regolarmente, nel mio lavoro, avevo fatto delle allusioni, delle connessioni tra le forme su cui stavo lavorando, che fossero testi o performance, e le interpretazioni ecologiche.

Allo stesso tempo, a livello etico e politico, diventava sempre più difficile per me non fare nulla, non cercare di agire contro la catastrofe in corso.

Amo ancora abbastanza il mio lavoro, ho ancora abbastanza fiducia nell'Università, nel lavoro con gli studenti, e anche nel lavoro degli artisti, per dire a me stessa: "Bene, da dove sono, secondo le capacità e gli interessi che sono miei, come posso agire, cosa posso fare che non sia totalmente inutile?

Penso che come artisti di teatro, come insegnanti-ricercatori nelle arti dello spettacolo, il nostro peso nella distruzione del pianeta sia relativamente piccolo...

Ma ho tempo a disposizione per leggere, scrivere, pensare, e dato che all'Università puoi scegliere il contenuto del tuo insegnamento, ho pensato: "Perché non approfittare di questa opportunità? Perché non dedicare un certo numero di ore di formazione ad affrontare questi problemi con persone che hanno vent'anni e che hanno necessariamente delle opinioni sulla questione, e con cui è possibile condividere pensieri e riferimenti?

È importante essere in grado di dire a noi stessi, non che cambieremo il mondo, perché non credo davvero che le arti possano cambiare il mondo, almeno non in un breve lasso di tempo, ma potersi chiedere: "Quali sono le forme, i valori che vogliamo difendere? Quali sono i pensieri che possono aiutarci?

Nel lavoro che faccio con gli studenti, penso che sia molto importante condividere con loro riferimenti che a volte sono abbastanza datati, e che possono aiutarci ad affrontare la situazione, che possono servire da supporto. 

Può essere abbastanza terrificante, quando hai vent'anni, dire a te stesso: "Il mondo sta andando in fiamme e dobbiamo cambiare tutto, inventare tutte le soluzioni! 

Lo trovo estremamente travolgente e spaventoso.

È quindi rassicurante poter condividere con gli studenti pensieri che a volte risalgono piuttosto indietro nel XX secolo, o addirittura nel XIX secolo, e dire a noi stessi: "Beh, non siamo soli, e ci sono persone che hanno già immaginato molte cose...!

Manifestazione
Manifestazione

Manifestazione ambientalista.

COME ENTRA IN GIOCO NEI SUOI CORSI IL PARADIGMA "SENSIBILE" ?

Julie Sermon
00:00 / 03:19

La dimensione sensibile è molto importante nel rapporto con gli studenti, anche se non è qualcosa che ho assunto immediatamente.
 
Sono quattro anni che insegno su questi temi: ho iniziato con dei seminari nel programma del master e, da due anni, tengo una lezione al terzo anno.

Il primo anno di seminario è stato quello in cui ho iniziato a lavorare su questi temi: era un corso molto generale, in cui stavo ancora cercando di convincermi che fosse rilevante combinare le arti dello spettacolo e l'ecologia; ho iniziato a lavorare sulla bibliografia eco-critica, che è una bibliografia principalmente letteraria e americana; ho gettato le prime basi, ho pensato a come si potevano articolare il pensiero e l'analisi; avevo quindi ancora un approccio abbastanza distanziato.

Nel secondo anno, abbiamo lavorato più specificamente sul tema della 'catastrofe', in relazione alla programmazione degli spettacoli di quell'anno nei teatri di Lione.

Ho cominciato a dirmi: "Non voglio deprimere gli studenti facendoli lavorare sul tema della catastrofe per tre mesi!
 
Così, mentre lavoravo alla questione del disastro, ho cominciato a pormi la questione dei registri e di come possiamo parlare di cose molto serie con forme e toni meno seri.

E, a partire dal terzo anno del seminario, ho scelto di affrontare chiaramente la questione del teatro e dell'ecologia attraverso il prisma degli affetti e delle emozioni.

Inizio questo seminario con la distribuzione di un questionario molto personale, al quale rispondo anche io. La prima domanda che faccio agli studenti è: "Da dove vieni? Ci sono alcuni modi divertenti di rispondere a questa domanda, per esempio: "Vengo dalla stanza accanto...". Ma il più delle volte gli studenti rispondono in modo accademico, spiegando qual è il loro background: "Vengo da una laurea in arti dello spettacolo, vengo da una laurea in filosofia...".

E poi ci sono altri che dicono da quale luogo, paese, regione vengono.
 
Questa prima domanda rimane aperta, mentre le domande seguenti sono molto più orientate: chiedo loro come i paesaggi in cui sono cresciuti li hanno segnati; chiedo loro il primo ricordo che hanno dell'ecologia, così come i sentimenti che legano a questo ricordo; infine, chiedo loro di fare una lista di quattro o cinque parole che si riferiscano ai pensieri e alle emozioni che li attraversano quando pensano alle questioni ecologiche oggi.

Image by Guillaume de Germain

Foto: Guillaume de Germain

Julie Sermon
00:00 / 02:26

Sono figlia del XX secolo, sono nata nel 1978, ho vissuto davvero nel "mondo di prima" - il mondo prima di Internet, il mondo dove la sinistra era ancora al potere... Cose pazzesche, che non si vedono in Francia da molto tempo!
 
Era anche un'epoca in cui l'ecologia non esisteva ancora in modo così massiccio e preoccupante.

Quando parlo con gli studenti, mi rendo conto di quanto siano stati immersi nell'ecologia fin da piccoli, ma in un'ecologia molto individualista, fatta di gesti molto piccoli. Per alcuni di loro, l'ecologia non è necessariamente politicizzata e, soprattutto, non sanno che è un movimento con tutta una storia.
 
Quando chiedo loro, per esempio, di situare l'invenzione dell'ecologia nel tempo, alcuni rispondono: "Credo nei primi anni 2000...".

Quelli che vengono da famiglie impegnate, sensibili a questi temi, risalgono agli anni '70, ma non gli verrebbe mai in mente di pensare che è una parola che ha una storia molto più lunga, sia scientifica che politica.

Per me, entrare nella questione ecologica attraverso il mezzo molto individuale delle emozioni e dei ricordi personali è precisamente un modo di porre la questione etica e politica.

Le emozioni sono ciò che ci mettono in moto o che ci paralizzano, quindi hanno implicazioni politiche; e possono diventare forze motrici piuttosto che rimanere forze inibitorie. 

In definitiva, entrare nella riflessione attraverso la questione delle emozioni mi è sembrato il modo più appropriato, sia per quanto riguarda la relazione pedagogica con gli studenti, sia per ciò che ci si può aspettare da questa relazione, ed è anche un buon modo di analizzare gli effetti specifici delle arti.

Image by Ehimetalor Akhere Unuabona

Foto: Guillaume de Germain

RICERCA, INSEGNAMENTO, COLLABORAZIONI DRAMMATURGICHE. COME SI ALIMENTANO A VICENDA QUESTI DIVERSI SGUARDI E AMBITI?

Julie Sermon
00:00 / 03:14

Quando lavoro all'Università o quando lavoro con gli artisti, non sento di essere una persona diversa, di essere una scienziata che diventa un'artista o un'artista che diventa una scienziata...
 
Si tratta piuttosto di due modi molto diversi ma molto complementari di lavorare su una questione.

C'è una modalità piuttosto solitaria, quella che vivo come accademica: è un lavoro dove si è soli e dove si lotta in solitudine con le proprie parole e idee e con le parole e le idee degli altri, dove si è in uno stato molto mentale e riflessivo.

Mentre quando lavoro come drammaturga su progetti con artisti, ho un approccio situazionale, più radicato nell'azione e molto più collaborativo.

In seguito, se guardiamo al livello più ampio dell'ecologia, gli interscambi tra le arti e le scienze sono costanti. Il fatto che gli artisti leggano un certo numero di produzioni scientifiche e si documentino su un certo numero di argomenti può dar loro idee per le forme, e un desiderio di creare spettacoli; questo non significa che gli artisti devono diventare mediatori di idee scientifiche, ma è un approccio che può creare piccole scintille per gli spettacoli.

E al contrario, gli scienziati sentono che è forse attraverso le arti, attraverso un rapporto con la finzione, l'immaginario, il sensibile, che i cuori e le menti possono essere trasformati.

Stavamo parlando del Summit della Terra di Rio: sono 30 anni che gli scienziati gridano nel deserto. Anche se si parla molto di più di questi temi oggi che nel 1992, c'è qualcosa di molto disperato per gli specialisti del clima e gli scienziati, che si chiedono: "Ma cosa dobbiamo fare? Continuiamo a produrre dati e dimostrazioni, continuiamo a produrre conoscenze inconfutabili, eppure non cambia nulla...".
 
Facendo questa constatazione, si dice che forse è necessario passare per altri registri, altri percorsi che non siano quelli specifici della conoscenza, che ovviamente non è sufficiente. 

Il divario tra ciò che sappiamo e ciò che facciamo dimostra che c'è qualcosa in gioco altrove, che si svolge in luoghi non del tutto oggettivi o razionali. Il modo in cui le nostre percezioni e rappresentazioni si evolvono non è misurabile o predittivo: non sappiamo, per esempio, cosa genererà un'opera d'arte nella vita di uno spettatore...

Paola Breizh - Rassemblement pour la justice climatique. Paris. 6 novembre 2021.jpg

Paola Breizh - Rassemblement pour la justice climatique. Paris. 6 novembre 2021

Julie Sermon
00:00 / 02:05

Così gli artisti e gli scienziati si alimentano a vicenda e hanno esperienze da condividere, ma non credo che questo possa essere programmato.

Le forme più ovvie di programmazione, come chiedere agli artisti di mediare, possono essere interessanti, ma secondo me mettiamo una sorta di grande responsabilità sulle spalle degli artisti, dicendo: "Inventate nuove storie, inventate nuove forme!
 
È come se il re dicesse "Divertimi!", non si tratta di divertire, ma c'è un'ingiunzione.
 
Mi sento di dire agli artisti: "Che vi lascino in pace! Lavorate su ciò che è importante per voi, leggete ciò che volete leggere", e se poi gli artisti vorranno parlare di ecologia, raccontare altre storie, portare nuovi pensieri e sentimenti, sarà fantastico.

Ma sarebbe brutale e semplicistico dire: "Visto che gli scienziati hanno fallito, ci rivolgeremo ai nostri artisti".

Gli artisti hanno ovviamente delle risorse, attraverso la loro sensibilità, la loro visione, i loro mezzi, ma credo che un' opera sarà veramente potente solo se nasce da un desiderio, e non da una sorta di ingiunzione sociale e societaria a fare certe cose.

Inoltre, quando diciamo: "Inventare nuove narrazioni", di che tipo di nuove narrazioni stiamo parlando?
 
Stiamo creando narrazioni di resilienza come: " Ci dispiace, non sarà facile, ma vedrete, finalmente troveremo una connessione con i mondi non umani, sarà fantastico!

O queste nuove narrazioni sono narrazioni della caduta del capitalismo, che può essere visto come il principale potere distruttivo?
 
In altre parole, parlare delle nuove narrazioni è un po' vago: sono narrazioni cosmologiche, politiche, collettive o individuali?
 
Una volta che si dice "nuovo", non si è detto molto.

Detto questo, è molto importante aprire gli orizzonti narrativi, cercare di nominare, raccontare, rappresentare le cose - la politica funziona in gran parte così, è ciò che le permette di proporre una lettura, un'interpretazione della realtà; è quindi molto importante avere narrazioni contraddittorie che coesistono.
 
Ma non dobbiamo dimenticare che se le narrazioni dei politici sono efficaci, se riescono a imporre la loro narrazione, è perché hanno con loro una struttura per sostenere e implementare queste narrazioni; una volta che gli artisti avranno inventato le narrazioni più belle e nuove, nulla si dice sul modo in cui saranno implementate: non dobbiamo quindi farci ingannare troppo ingenuamente dall'importanza di queste nuove narrazioni.

Image by Chris LeBoutillier

NELLE SUE RICERCHE SI È AVVICINATA AL TEATRO DI MARIONETTE IN MOLTE OCCASIONI. QUALI COLLEGAMENTI CON L'ECOLOGIA? 

Julie Sermon
00:00 / 01:49

Ho incontrato la marionetta durante i miei studi con una tesi sulla questione delle figure, una parola che ho scoperto non nel campo della marionetta, ma nel campo della scrittura contemporanea.
 
Gli autori su cui lavoravo erano: Philippe Minyana, Noëlle Renaude, Valère Novarina, Jean-Luc Lagarce.

Ho sostenuto la mia tesi all'Università di Parigi 3, Sorbonne Nouvelle, all'epoca c'era Brunella Eruli che teneva un seminario opzione marionetta.

Avevo notato che gli autori su cui stavo lavorando erano spesso messi in scena da marionettisti.

La nozione stessa di figura, senza sapere ancora cosa fosse il teatro di figura, presentava dei collegamenti con la scrittura.

È accaduto così, in modo un po' informale, successivamente ho iniziato a vedere spettacoli di marionette.
 
Ho sostenuto la mia tesi nel 2004 e nel 2007, Philippe Minyana, che a quel tempo era autore associato all'ESNAM, ha scritto C'est l'anniversaire de Michelle mais elle a disparu.

Essendo molto contento del lavoro che avevo fatto sulla sua scrittura, mi ha invitato per tenere qualche lezione agli studenti dell'ESNAM. 
 
Successivamente mi è stato proposto di dirigere un numero di Théâtre Public: Marionnette? Tradition, croisements, décloisonnements.
 

C'EST L'ANNIVERSAIRE DE MICHÈLE MAIS ELLE A DISPARU (02/2008), SPECTACLE DE 3E ANNÉE, 7E P

C'est l'anniversaire de Michelle mais elle a disparu, di Philippe Myniana. Spettacolo del terzo anno della settima promozione ESNAM - Charleville-Mézières.

Julie Sermon
00:00 / 03:12

Ma non rifarò tutta la storia e mi concentrerò sulla tua domanda: come collego la marionetta alle questioni ecologiche.

Prima di tutto, vorrei specificare che, anche se posso tenere corsi, scrivere articoli e dirigere libri che trattano specificamente di marionette, è un campo che integro più ampiamente nel mio insegnamento e nella mia ricerca.

Dal momento in cui ho deciso di lavorare sulle relazioni tra teatro ed ecologia, ho incluso naturalmente la marionetta nella mia riflessione.

Per esempio, quando, nell'ambito del seminario del Master di cui abbiamo parlato, ho lavorato con gli studenti sulla rappresentazione degli animali, ho invitato Émilie Flacher e Agnès Oudot, della Compagnia Arnica, con cui collaboro come drammaturga.
 
Émilie aveva lanciato un ciclo di creazione sulla questione delle favole sugli animali, con il desiderio di non fare degli animali delle semplici allegorie degli umani, ma di lavorare veramente sulla loro presenza, il loro movimento, la loro sensazione animale; con gli studenti, abbiamo poi riflettuto su ciò che il teatro di figura permette, su come può far esistere presenze diverse da quelle umane, sapendo che è già una presenza al di là dell'umano.

Si dà il caso che il momento in cui ho voluto affrontare le questioni ecologiche all'università è stato anche il momento in cui Émilie ha voluto mettere in scena qualcosa di diverso dagli umani, raccontare storie che non mettessero in scena solo problemi umani.

Come continuazione del ciclo di favole, ha commissionato un testo a una giovane autrice, Julie Aminthe, intitolato Notre vallée, che sarà realizzato nel 2023.

La sfida è raccontare la storia di un luogo, con tutti gli esseri che abitano una valle e tutte le forze, a partire dal vento e dall'acqua, che fanno la storia di questa valle.

La marionetta ha un grande vantaggio: ci allontana immediatamente dal puramente umano.

Detto questo, nel corpus di spettacoli di marionette su cui ho potuto lavorare, ho spesso trovato gli stessi pregiudizi della recitazione, cioè spettacoli spesso molto espliciti, persino militanti.
 
Capisco le intenzioni degli artisti ma sono un po' scettica, perché mi dico che la gente che va a teatro è in gran parte coinvolta, e perché mi sembra che nessuno oggi possa dire di non essere consapevole della posta in gioco ecologica, nessuno può dire: "Oh, non lo sapevo, c'è un problema... ?".

Quindi non ho molta fiducia in uno spettacolo che pretende di informare, e spesso, gli spettacoli che vogliono educare mi sembrano ingenui, noiosi... 

Compagnia Arnica, Notre Vallée

Julie Sermon
00:00 / 02:57

L'approccio ecopoetico per cui ha optato Emilie Flacher (ma non è l'unica) consiste, non nel tenere un discorso sull'ecologia, ma nel cogliere le opportunità che il teatro di figura offre: lavorando con la materia, possiamo creare ogni sorta di creature ed esseri che non sono esclusivamente confinati alla razza umana, e che, al contrario, permettono di ampliare la parola, la natura e il numero di coloro che appaiono sulla scena.

Nel lavoro di Émilie, questo lavoro di rinnovamento avviene anche attraverso le committenze di testi che lei dà agli autori, dicendo loro, per esempio, 'Voglio scrivere la storia di un luogo e non la storia di una persona'.

Questo principio di committenza è un campo di sperimentazione molto forte, e il fatto di chiamare degli scrittori mi sembra altrettanto importante.

Quando i marionettisti o le compagnie lavorano in modo documentario, possono solo testimoniare, possono solo restituire la realtà.

Questo può essere un modo di mettere in discussione o di criticare il mondo, ma ho l'impressione che accumulare esempi che mostrano come il capitalismo porti alla rovina, distrugga ambienti e persone, susciti effettivamente la nostra rabbia e abbia un minimo effetto unificante, ma mi sembra che non abbiamo necessariamente bisogno del teatro e delle arti marionettistiche per questo - ci sono giornali che eccellono in questo campo...

Penso che sia importante lavorare su cose meno direttamente militanti o travolgenti, per trovare vie d'uscita dai modi che ci deprimono e ci rendono profondamente tristi; se non vogliamo cedere al suicidio collettivo, dobbiamo permetterci di inventare cose e di sognare, con tutta l'ingenuità potenziale che questo può avere.
 
Questo sogno non è una fuga, un'evasione, è piuttosto permetterci di dire: "Creiamo un mondo dove guardiamo, ascoltiamo e percepiamo in modo diverso".

Può nutrire il nostro corpo, la nostra anima e la nostra mente - ed è qualcosa di quell'ordine che ci serve per poter affrontare ciò che dovremo affrontare. 

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Spettacolo Tre favole animali contemporanee - Gli acrobati, scritto da Julie Aminthe, regia Emilie Flacher, con Clément Arnaud- febbraio 2020, coprodotto da Théâtre Massalia - Marsiglia, Théâtre de Bourg-en-Bresse. 

Julie Sermon
00:00 / 03:05

La capacità della marionetta di rinnovare il nostro immaginario, di mettere in discussione le nostre gerarchie e le nostre attenzioni, opera a livello figurativo: ci permette di dare vita a ogni sorta di entità che difficilmente vediamo in scena.

Ma opera anche a livello tecnico: cosa significa manipolare o animare un oggetto?

Come si gioca con gli effetti feed-black?

Ogni marionettista sa molto bene che deve ascoltare il suo oggetto prima di fargli fare qualcosa.
 
Questa oscillazione tra il far fare qualcosa e il lasciarsi guidare è una ricca posizione di apprendimento.

Dovremmo "costringere" tutti a praticare la marionetta, a sperimentare questo pensiero: "Per fare questo, devo passare attraverso questo e devo capire le possibilità e i limiti dell'oggetto con cui sto lavorando...".
 
Questa mi sembra una bellissima lezione di filosofia di carattere generale.

Da un punto di vista ecologico, le arti marionettistiche hanno diversi vantaggi.

Il primo è la loro grande libertà di figurazione: le entità messe in gioco possono essere antropomorfe, zoomorfe, ma possono anche essere una pietra o un movimento di particelle.

La seconda è la loro stessa postura di rappresentazione, che si basa sull'incontro e il dialogo tra il corpo del marionettista e il corpo dell'entità animata, e che permette di esplorare tutta una serie di relazioni: sovrapposizione, accompagnamento, complicità, dissimulazione, inversione totale dei ruoli, ecc.

Infine, i teatri di marionette ci permettono di giocare con le scale di grandezza, le prospettive, i punti di riferimento: i marionettisti non sono necessariamente in una posizione di dominio, possono anche diventare molto piccoli all'interno di un dispositivo, o addirittura servire da castelletto per le marionette.

Si tratta di effetti visivi o strutturali che, anche se non sono esplicitamente espressi in parole, mi sembrano molto interessanti per interrogare il nostro posto nel mondo.

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LIBRO
 
MORTS OU VIFS
PER UN'ECOLOGIA DELLO SPETTACOLO DAL VIVO
di Julie Sermon

Edizioni B42
pubblicazione giugno 2021
Lingua francese
designer deValence
formato 140 x 220mm
pagine 160 p.
ISBN 9782490077540
temi scienze sociali


Questo libro è pubblicato con il sostegno dell'Università Lumière Lyon 2 e il laboratorio Passages XX-XXI.

Se le questioni ecologiche occupano i nostri pensieri e guidano il nostro comportamento individuale e collettivo, Julie Sermon analizza in questo saggio la risonanza di queste questioni nel campo delle arti dello spettacolo. 

Come influenzano i modi di scrivere, produrre e rappresentare le opere, ma anche di riceverle e parlarne? Cosa possono darci le arti dello spettacolo, secondo le loro modalità specifiche, per pensare e in questo contesto?

Attraverso diversi esempi concreti, l'autrice ci spiega cosa comporta la considerazione dell'ecologia sui palcoscenici contemporanei, concentrandosi sugli aspetti tematici ed estetici degli spettacoli così come sui loro processi creativi.
 
Questo libro importa nel contesto delle arti performative francofone gli strumenti e le riflessioni dell'ecocriticismo, un approccio teorico transdisciplinare emerso in ambito accademico anglosassone negli anni 80 e che mira a rinnovare il quadro di analisi delle opere prodotte problematizzando i loro legami con l'ecologia. 

Morts ou vifs è un punto di partenza per generare un dibattito, e rinnova i nostri modi di vedere e di pensare alle opere prodotte negli ultimi dieci anni.

LINKOGRAFIA ESSENZIALE DI JULIE SERMON

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