Inizialmente, il mio rapporto con l'acqua era qualcosa di estremamente personale. Faceva parte della mia vita, della mia storia e addirittura precedeva il mio arrivo: un viaggio personale, profondamente intimo.
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Ho un'affezione per l'acqua fin dall'infanzia; sin da piccola amavo immergermi nelle acque estremamente fredde, un luogo di pura fantasia ad occhi aperti.
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Nel mio lavoro, ho preso spunto dalla mia esperienza personale, dalle emozioni e dagli stati fisici. Ho cercato di scoprire come potessero essere comunicati agli spettatori.
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Col passare del tempo, ho cominciato a vedere come i miei temi, legati alla vita e alla morte, all'animato e all'inanimato, influenzassero in modo inconscio anche gli altri. Con l'acqua, sebbene inizialmente sia un'esperienza personale, si trasforma presto in una sensazione universale, alla quale chiunque può identificarsi.
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C'è un legame profondo tra gli esseri umani e l'acqua. Tutti noi siamo costituiti in gran parte da acqua, che costituisce una parte significativa del nostro mondo.
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Allo stato attuale, ci troviamo in una vasta crisi identitaria a livello globale.
L'acqua è un elemento che crea connessioni tra le persone, tra l'umano, il vegetale, il minerale e il mondo naturale.
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Credo che l'acqua dia vita all'umanità stessa. L'acqua possiede una memoria e racconta storie.
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Sono particolarmente interessata a Tarjei Vesaas, un autore norvegese che spesso parla di fiumi come metafora della vita, dei fiumi che fungono da passaggio tra vita e morte. Le sue metafore sono molte, e in lui c'è una simbologia ricca di significato legata all'acqua. Bachelard ha esplorato questa tematica anch'egli.
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Quando l'acqua viene rappresentata sul palco, risveglia memorie collettive ed individuali, richiama il nostro inconscio.
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La mia ultima creazione, "Les Vagues," è un modo per dialogare con Virginia Woolf, che aveva un profondo legame con l'acqua nella sua scrittura e che, tragicamente, si è tolta la vita in acqua.
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Il mio intento è far dialogare la sua storia, legata all'acqua, con la mia.
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L'acqua è una presenza costante nella vita di molte persone, sia in maniera drammatica che quotidiana. Ad esempio, Maeterlinck aveva un fratello che morì annegato.
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L'acqua rappresenta vita e morte.
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Il mio lavoro si focalizza sul concetto di tempo. In "Les Vagues," le figure di ghiaccio rappresentano il tempo individuale e cosmico.
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Questa è la vera essenza della memoria dell'acqua: essa tessere il passato, e nell'inconscio collettivo proiettiamo tutto ciò che essa attraversa, tutto ciò che trasporta. Proprio come in una grande inondazione, attraversiamo l'acqua mentre essa ci attraversa.
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Nel mio spettacolo solista "Traversées," l'acqua è un elemento scenico, uno specchio: all'inizio c'è una sfera d'acqua che si frantuma, rappresentando la nascita, ma c'è anche un coltello sospeso nel vuoto, simboleggiante la morte.
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Ciò che mi affascina dell'acqua è la sua ambivalenza: un'onda rappresenta la vita, ma può anche essere un tsunami, un'inondazione.
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Nel mio approccio alla creazione artistica, c'è una costante ricerca della giusta corrispondenza tra il materiale e la percezione dello spettatore. È fondamentale stabilire un rapporto adeguato tra la materia e lo spettatore per creare una connessione, proprio come di fronte a un'opera d'arte che richiede un'osservazione ravvicinata.
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Quando l'acqua è messa in scena, sia come paesaggio che in movimento, si crea immediatamente un linguaggio chiaro ed empatico, aprendo le porte a un mondo poetico.
L'acqua risveglia sentimenti, emozioni poetiche e istintive, facendo emergere sensazioni sepolte.
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L'acqua può passare dallo stato liquido a quello solido o gassoso, e ciascuno di questi stati può evocare paesaggi o riflettere gli stati interiori dei personaggi e degli spettatori.
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Per me, l'acqua rappresenta l'inconscio.
Elise Vigneron - Anywhere, credit: Vincent Beaume
Il ghiaccio evoca altre dimensioni rispetto all'acqua.
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Con il ghiaccio, la trasformazione dell'acqua diviene il fulcro della questione: il cambiamento dello stato della materia rappresenta il momento in cui l'equilibrio si sgretola, emergendo l'instabilità e la necessità di un nuovo equilibrio.
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È proprio questo istante di fragilità e di sconvolgimento che mi cattura: come la fragilità possa generare movimento ed esistenza, come la morte diventi il vettore della vita stessa, e come sia possibile cogliere una visione immediata che si traduca direttamente nell'esperienza sensoriale, senza bisogno di elaborazioni mentali.
Mi affascina particolarmente l'idea di una sorta di corrispondenza o sintonia tra la natura della materia e ciò che percepiamo nell'esperienza sensoriale, ed è proprio questo che stimola la mia curiosità.
Un blocco di ghiaccio che si scioglie evoca in noi qualcosa di diverso rispetto a una semplice pozzanghera: lo scioglimento del ghiaccio diventa una metafora del nostro stesso dissolversi.
Nel mio spettacolo "Impermanences", mentre esploravo i testi di Tarjei Vesaas, ho percepito come lui, di fronte alla grandiosità della natura norvegese, che è potente, affascinante ma anche pericolosa, parlasse della natura come una metafora della nostra esistenza, in cui la fragilità svolge un ruolo cruciale per la trasformazione.
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L'esistenza stessa viene catturata in una relazione ciclica, naturale, vita-morte-vita, piuttosto che in una semplice sequenza di nascita e morte.
Questo è ciò che ho cercato di esprimere attraverso il ghiaccio, ed è stato proprio nell'incontro con i testi di Tarjei Vesaas che questa relazione metaforica con la materia ha iniziato a rivelarsi.
Nel mio lavoro successivo, "Anywhere", ho voluto approfondire ulteriormente i molteplici stati della materia come metafora della trasformazione del mito di Edipo.
Quando lavoriamo con una materia, ne esploriamo il linguaggio completo: i riflessi, il nero, il liquido che scorre sul suolo, il vapore...
La pioggia diventa una sorta di soglia, i muri di pioggia sono dei passaggi...
Tutti questi elementi diventano linguaggi, palette, colori con cui creiamo una drammaturgia.
Nel mio approccio alla materia, esiste l'idea di un cursore: abbiamo un'idea e ci chiediamo: "Cosa accadrà se spingiamo questo cursore al massimo? Dalla semplice goccia d'acqua, se andiamo oltre, possiamo creare cascate incredibili…".
Questo non implica necessariamente che una goccia d'acqua abbia meno intensità di un fiume.
Ho sviluppato l'abitudine, quando lavoro con la materia, di pormi costantemente questa domanda: "Dove mi trovo lungo il continuum tra il minimo e il massimo con questo cursore?".
L'acqua può assumere una vasta gamma di forme, persino nella sua temperatura.
Tutto questo richiede uno sforzo fisico; ci troviamo a interagire direttamente con il corpo. Non è come maneggiare una semplice scatola di cartone.
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Non è sempre semplice ottenere ciò che desideri dall'acqua.
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Il ghiaccio mette alla prova il corpo; quando si è al freddo, bisogna lottare contro il gelo. Essa crea stati fisici che ci permettono di avvicinarci il più possibile alle sensazioni senza bisogno di recitare, ed è proprio qui che tutto prende vita.
Il ghiaccio genera tensione sul palco, perché richiede un certo controllo. Non è mai possibile replicare esattamente la stessa performance; siamo costantemente esposti all'imprevisto o a situazioni complesse da gestire. Il corpo stesso è in uno stato di tensione, e gli spettatori, anche se inconsapevolmente, partecipano a questa tensione: anche quando non stiamo eseguendo azioni eclatanti, rappresentiamo molto.
In "Anywhere", noi, gli attori sul palco, manteniamo questa tensione per tutta la durata dello spettacolo, e gli spettatori si uniscono a noi, perché in scena accadono solo eventi reali. Quando qualcosa cade e si rompe, si tratta effettivamente di materia autentica; nulla è finto o artificiale.
Penso che proprio questa sia il potere della materia.
Elise Vigneron - La ronde
Apprezzo il coinvolgimento del corpo: nella creazione di Les Vagues, ho utilizzato corpi di ghiaccio su scala umana, in totale cinque, con onde e l'acqua in tutta la sua maestosità, nell'arte della danza.
Abbiamo esplorato il ghiaccio triturato, simile alla neve: inizialmente candido e immacolato, per poi trasformarsi.
Il corpo si fonde con questo ghiaccio che gradualmente si scioglie, scivolando e cadendo, mentre col tempo i corpi diventano rosati per il freddo.
Tutto ciò esprime già una moltitudine di emozioni, non richiede ulteriori parole o recitazioni, ma invita semplicemente a sentire, a lasciare che la materia ci attraversi, a esplorare interiormente e poi a portare alla luce. È un fluire costante.
Sono costantemente ispirata dall'acqua; sin da piccola facevo il bagno in acque molto fredde, considerandolo un luogo di sogni ad occhi aperti.
Nel mio lavoro, ho iniziato dalle mie esperienze personali, dalle emozioni, e anche dagli stati fisici, cercando di trasmetterli agli spettatori.
Man mano ho scoperto che i miei temi, legati alla vita e alla morte, all'animato e all'inanimato, affascinano in modo inconsapevole anche altre persone: l'acqua, se all'inizio sembrava qualcosa di molto personale, diventa presto una sensazione universale a cui tutti possono accedere.
Abbiamo un legame profondo con l'acqua: tutti gli esseri umani sono costituiti principalmente da acqua, e questa sostanza costituisce una parte significativa del nostro mondo.
In questo periodo storico, viviamo una grande crisi identitaria a livello globale; l'acqua funge da elemento unificatore, creando legami tra esseri umani, tra il mondo umano, vegetale, minerale e naturale.
Ritengo che l'acqua sia in grado di animare l'essenza umana: essa possiede una memoria e trasporta storie.
Mi interesso molto a Tarjei Vesaas, un autore norvegese che spesso parla dei fiumi come metafora della vita stessa, del passaggio tra la vita e la morte: nei suoi scritti, emerge un ricco simbolismo legato all'acqua, come accade anche nelle opere di Bachelard.
Quando l'acqua viene portata in scena, risveglia memorie collettive e individuali, attingendo al nostro inconscio.
Il mio spettacolo "Les Vagues" rappresenta un incontro con Virginia Woolf, che aveva un profondo legame con l'acqua nella sua scrittura e che tragicamente si è tolta la vita in acqua. Attraverso questo spettacolo, cerco di unire la sua storia, intrecciata con l'acqua, alla mia.
L'acqua è presente nella vita di molte persone in modi drammatici e meno drammatici: ad esempio, Maeterlinck aveva un fratello che annegò.
L'acqua è vita e morte allo stesso tempo.
Il mio lavoro è centrato sul concetto di tempo; in "Les Vagues", le figure di ghiaccio incarnano il tempo individuale e cosmico.
Ecco cos'è la memoria dell'acqua: essa tessera il passato e, nell'inconscio collettivo, proiettiamo tutto ciò che essa attraversa, tutto ciò che trasporta. Proprio come un diluvio, attraversiamo l'acqua mentre essa attraversa noi.
Nel mio spettacolo solista "Traversées", l'acqua era un elemento scenografico, uno specchio: all'inizio, c'è una sfera d'acqua che si rompe, rappresentando la nascita, ma vi è anche un coltello sospeso nel vuoto, che potrebbe essere associato alla morte.
Ciò che mi affascina dell'acqua è la sua ambivalenza: un'onda rappresenta la vita, ma può trasformarsi in uno tsunami o in un'alluvione.
Dal punto di vista della costruzione artistica, questo contrasto offre molte possibilità.
Ciò che mi interessa profondamente è come la materia sia messa in scena in rapporto alla percezione che ne hanno gli spettatori: è essenziale mantenere un equilibrio tra la materia e gli spettatori stessi, in modo che possano immergersi nella percezione come davanti a un'opera d'arte visiva, un'esperienza che non può essere apprezzata da qualunque distanza.
Quando l'acqua è messa in scena, sia in forma paesaggistica che animata, crea immediatamente un linguaggio chiaro ed empatico, aprendo le porte a un mondo poetico che risveglia sensazioni primordiali e
sepolte.
L'acqua può passare dallo stato liquido a quello solido o gassoso, e ogni stato della materia può evocare paesaggi o stati d'animo dei personaggi o degli spettatori.
Per me, l'acqua rappresenta l'inconscio.
Elise Vigneron - Axis Mundi
Mi ispiro agli scritti di antropologi come Vinciane Despret e a quelli di glaciologi come Claude Lorius, anche se operiamo in campi linguistici molto diversi. È confortante scoprire che molti di noi condividono idee comuni, creando eco tra i pensatori contemporanei e i ricercatori.
Anche Maurine trova ispirazione in questi testi. Essendo una scienziata, la sua pratica manca della risonanza filosofica o esistenziale che il mio lavoro offre. Tuttavia, la nostra collaborazione genera risonanze e interferenze. Quando lavoriamo insieme o condividiamo esperienze di lettura, troviamo conforto nella nostra reciproca presenza.
Il nostro approccio non verte sulla discussione delle crisi, ma piuttosto sull'approfondimento della sensibilità. È attraverso la lente della sensibilità che possiamo davvero connetterci.
Potremmo essere esperti nel trattare le crisi e nel dire alle persone: "Non dovremmo fare questo!" ma spesso queste avvertenze cadono nel vuoto.
È attraverso la considerazione dell'aspetto sensibile che possiamo favorire un coinvolgimento genuino.
"Glace" è sia una conferenza-spettacolo che un incontro. Insieme a Maurine, rendiamo tangibili le nostre discussioni. Maurine traccia le curve del riscaldamento globale su uno schermo di ghiaccio e mentre si scioglie, comprendiamo immediatamente il ciclo della CO2 e come si riflette concretamente nella nostra vita.
Nonostante lo spettacolo includa alcuni dati scientifici, essi servono come pretesto. Trasportiamo il nostro pubblico nell'Artico, in modo ludico.
Gli spettatori si immergono in questo mondo e alla fine pongono numerose domande. C'è spazio per la discussione post-spettacolo, che può persino portare a risposte scientifiche.
È come se fossimo riusciti a fondere due entità separate: rendere la scienza percepibile e sensibile.
La scienza talvolta può sembrare fredda, mentre l'arte attinge al regno dei sensi, una percezione che ci permette non solo di capire, ma di vivere appieno la vita.
Questa integrazione tra sensibilità e scienza ci consente di contribuire in modo positivo al mondo.
Elise Vigneron - La ronde