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ANIMATAZINE

RUBRICHE

PAROLA ANIMATA
di Beatrice Baruffini

...una rubrica che fa acqua da tutte le parti...

Incipit. Il principio di tutte le cose: fonti.


Mileto, Tracia, tra il VII e VI secolo a. C., al calare del giorno. 


Un uomo passeggia per una piccola stradina tra i campi di ulivo. Lo sguardo è sollevato verso il cielo: non sappiamo cosa egli stia pensando, ma ci piace immaginare che i suoi fossero tra i primi pensieri intorno alle grandi questioni filosofiche. 
Da dove veniamo?
Che fine faremo?
Qual è il principio di tutte le cose? 


Talete, un passo-una domanda, un passo-una domanda, un passo-una domanda, sempre con gli occhi al cielo, non si accorge di avere proprio sul suo cammino, concreto e reale, singolare e particolare, un pozzo, un enorme pozzo, delle dimensioni di una caverna. Ma era un pozzo. Perché lui era Talete, non Platone, e Talete nel pozzo ci deve finire per iniziare questa rubrica. A essere sinceri, ci deve finire, per iniziare parecchie cose.Dunque, mentre la servetta di Tracia rideva - perché avremmo riso tutti nel vedere un uomo mentre cade in un pozzo, lui affogava. E mentre affogava, si domandava
So nuotare? 
Sto per morire? 
Come devio il corso del fiume Halys per diminuire la portata e permettere così all’esercito di Creso di guadarlo senza difficoltà? 
Qual è il principio di tutte le cose? 

Da fonti certe sappiamo che Talete si salverà. Bagnato, fradicio, zuppo, riemergerà dal pozzo. Si strizzerà le vesti, si asciugherà.Poi inizierà a piangere. Parecchio. Un pianto liberatorio, ragionato, logico, epistemologico. Si bagnerà di nuovo, dalla testa ai piedi. Si strizzerà ancora e piangerà di più.

Piangerà per le vertigini provate.

Per la paura di morire.

Per la meraviglia, lo stupore, la bocca aperta poi chiusa subito, dopo per non affogare.  

Piangerà per la morte e per la vita.

Piangerà per aver capito.  

Hydor. Hydor. Hydor.

Eccolo, il principio di tutte le cose.

Animazione 1. Parola su nero: acqua.

Animazione 2. Parola scenografia: fondale. 
Acqua è fondale. Azzurro, verde marino, verde acqua, grigio, blu scuro, nero. Profondo, immerso, nascosto, sotto, dietro. Il fondale è un limite, confine ultimo, linea di demarcazione tra ciò che si conosce e lo sconosciuto. Il desiderio di toccarlo può essere così forte da spingere la ricerca talmente in basso che per arrivarci non basta il riflesso di immersione, ma occorre tecnica, allenamento e una profonda sete di scoperta. 
Servono domande per scendere. Domande per farsi bastare quella poca aria. Domande subacquee. 
C’è chi riesce a raggiungere il fondale senza alcun tipo di attrezzatura. C’è chi ha bisogno di fili per sprofondare. 
 
Animazione 3. Parola ventriloqua: apnea.
Un profondo respiro, che sembra ogni volta l’ultimo, prima della grande apnea. 
Gli applausi sono ancora lontani quando si inizia un’immersione.

Animazione 4. Parola marionetta: sottomarino*. 

Acqua è un mondo sottomarino che vive in un tempo dilatato e calmo. Lì, “ci si muove diversamente”, è un procedere cauto. Le superfici sono morbide, i corpi teneri. Sono coralli, conchiglie, stelle marine, sono àncore gettate per fissare posture. Memorie e prospettive inesplorate. “Fortune e dannazioni, che non permettono di tornare indietro”. Sono inciampi da esplorare. Occorrono pinne dorsali per spostarsi e respirare. Vivere dove la luce fatica ad arrivare è un atto politico coraggioso; pesci e uomini si confondono dando origine a una nuova specie. Non è da tutti imparare a respirare con altre parti del corpo. Qualcuno taglia i fili e punta alla risalita. 
 
*La parola sottomarino e quelle tra virgolette sono suggerite da Maria Federica Maestri di Lenz Fondazione durante l’incontro online La scena che educa organizzato da Altre Velocità, a proposito della loro poetica teatrale con persone sensibili.

Animazione 4. Parole ombra: abissi, schiuma, onde, corrente, odissea.
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Acqua sale fino alla superficie dove si proiettano i corpi dagli abissi. Si fa schiuma su cui si stagliano le sagome di un racconto. Galleggiano, fluttuano, subiscono tempeste. Le onde sono ritmo narrativo, punteggiatura, pause. Muovono le ombre verso gli scogli, le isole, gli approdi. Le sirene sono silhouette di femmine meravigliose; il loro canto è una corrente, alla quale Nessuno si oppone. 
Le odissee, viste da sotto, fanno ancora più paura perché sono reali.

Animazione 5. Parola burattino: acqua in bocca.
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Acqua sostiene chi si imbarca e naviga con il rischio di naufragare. Ha portato i popoli a incontrarsi, fondersi, stanziarsi in baracche, lottare gli uni contro gli altri, bastonarsi, uccidersi. 
Poseidone se si arrabbia scatena una furia capace di manipolare le genti. Si infila liquido nei corpi, con l’indice puntato. Poseidone è una scusa da non mandare giù. Una Pulcinella di mare ci riesce: si disseta e non deglutisce. Giura che sa mantenere segreti. Si sfila da un dio che se la prende con chi non ha ali.

Animazione 6. Parola pupazzo: naufraghi.

Acqua è furia e tempesta, un inferno bagnato senza fiamme. Il suo c’era una volta è una riva dove insabbiare ricordi che non si vorrebbero mai abbandonare. Una zattera o il Titanic fa poca differenza se riempito di anime in fuga. L’orizzonte bagnato dondola avanti e indietro tra un passato e un futuro ancora senza drammaturgia.

Animazione 7. Parola oggetto: imbottigliata.
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Acqua è arrivata col buio, sulle coste di una terra inospitale. Si è rifugiata in una bottiglia di plastica rovinata. La riempie poco, non la regge in piedi. La trova, accartocciata, una bottiglia di vetro, dal sangue di vino, discendente di un casato di origine controllata. È ricoperta di medaglie e premi; si avvicina alla bottiglia di plastica. Una, spalle dritte, abito costoso, cappello di un ottimo sughero, l’altra storta, scartata, sporca. Vicine sembrano appartenere a due mondi distanti. 
Restano a lungo in silenzio, così ferme che paiono morte, due involucri disabitati. Si specchiano una sull’altra: il destino è una distanza di un palmo di mano.
D’un tratto acqua inizia a frizzare. Si agita, freme, non riesce a tenersi. Si vuole allungare. La vuole annacquare.
Vino la segue. Si riempie di bollicine, scoppietta d’amore, batte il cuore sul vetro del ventre. Sale sul collo. Acqua è gasata: non si è mai sentita così naturale, così pura, così pronta a ricominciare.
Vino fa schizzare il cappello oltre la luna. Esce con un botto poco elegante. 
Si assaggiano, si fondono, si mischiano, mulinano insieme. Esplodono i corpi di plastica e vetro.
Straripano entrambi, scambiano particelle, sapori, nomi. Mescolano le anime.
Insieme, sfondano argini, dighe, muraglie. Arrivano ai confini del mondo. Gocciolano da qui su altri pianeti. 
Invadono lo spazio che inizia a galleggiare con le stelle.
 
Laggiù c’è un uomo che passeggia per una piccola stradina, occhi in alto verso il cielo color porpora, un passo-una domanda, un passo-una domanda, un passo-una domanda…

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